Da “Sicilia Alternativa”, Settembre 1980

Le figure ed i paesaggi sono spesso tormentati da neri segmenti, che improvvisamente suggeriscono all’osservatore attento, il significato delle opere; dalla disgregazione della famiglia, al disfacimento dell’uomo; attanagliato dal vortice delle azioni quotidiane, all’affaticamento e alle sopraffazioni, dovute a lotte e sconfitte continue o derivate da desideri inappagati. Il gesto di una mano femminile, protratta in avanti in segno di protesta e di difesa al tempo stesso.
Anna Maria Bracci, ci descrive chiaramente, negli atteggiamenti di abbandono di alcune figure di donna, la delusione che resta nell’animo per i mancati affetti e per l’incomprensione verso le responsabilità quotidiane, di rado riconosciute. Ci descrive abilmente come l’uomo odierno venga preso in un ingranaggio spietato e distruttore, dal quale non può sottrarsi.
Ai vecchi, che sono sopravvissuti alla fatica e alle delusioni, restano come premio, la pace delle case arroccate, sovrastate da torri del loro paese natale.
Alcune sue opere ci dimostrano che la sua pittura è frutto di un lungo studio e che le sono stati maestri alcuni tra i più grandi, come Rosai, Guttuso.
Anna Maria Bracci, ancora giovane, sia come donna che come artista, ci darà, nel suo continuo arricchimento intellettuale e spirituale, opere sempre più valide e informative sulle situazioni della società odierna. Auguri dunque a questa artista, sperando che perseveri, scavi, ci racconti con coraggio, la storia di coloro che all’insaputa di molti, vivono un’esistenza difficile, sofferta, minacciata.


 
 

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Dal quotidiano “La Notte”, 24 Novembre 1983

La rassegna di Anna Maria Bracci alla “Valori” di via Lattuada, 14 è tutta dedicata alle figure femminili, dai nudi agli abbracci delle molto umane maternità.
Questo senso materno è assai bene espresso, è reso con calore, stilisticamente, le immagini dipinte lo sono con suasivo modo, sono profilate di nero, dando modo così a un genere espressivo e linearista.
I colori sono piuttosto forti e la dimostrata qualità disegnativa la si può vedere anche in una interessante cartella pure in mostra con tempere ed incisioni su linoleum.


Mario Portalupi
Critico d’Arte

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Dalla presentazione della Mostra del “Circolo Filologico Milanese”, Milano, 1984

Parlare dell’opera di Anna Maria Bracci quando, invece, più propriamente dovrei invitar loro e me a “guardare” i suoi quadri, a sostare dinnanzi ad essi in muta e attenta contemplazione per subirne il messaggio umano che, con i pennelli, ci indirizza la loro autrice.
Da queste pareti ci viene, dunque, l’invito a rintracciare le tappe più espressive del suo cammino e a sostarvi, a prendere cognizione del passato per capire l’oggi e attendere il domani, presentandone le conquiste con consapevole aspettativa; un invito rivolto a tutti noi, ma che Anna Maria Bracci indirizza a se stessa, per fare il punto della propria rotta, per scandagliare lo spessore dei propri sentimenti, cioè in una parola – non certo qui sprecata – della propria poetica.
L’artista non è mai un isolato, anche se sembra elaborare ed operare in solitudine; ha il dono – ed è una provvidenza di Dio – di essere dotato di un’acuta sensibilità nell’interpretare emozioni e realtà, lo spirito e le cose, il trascendente e il creato. L’artista è sempre – purchè sia vero e non artificioso – il nostro interprete più sottile, l’analizzatore attento del nostro inconscio o il sicuro enunciatore dei nostri più intimi pensieri, la voce, se non certo di tutta l’umanità, sicuramente di una parte di essa, piccola o grande che sia.
Le vicende della vita incidono, pertanto, assai profondamente nell’animo dell’artista e questi le disvela nelle sue opere; Anna Maria Bracci ce lo conferma pienamente.
L’impatto con dure e sofferte realtà sembra tragicamente distruggere in modo irreversibile l’animo della nostra pittrice; la sua anima e la sua carne sembrano segnate a fuoco rovente. Come attesta la sua produzione dell’ultimo decennio, è passata attraverso un periodo che possiamo definire tragico, segnato da tele che risentono di questo suo profondo e ferito stato d’animo: l’umanità e il mondo che ella rappresenta è un creato nel quale ogni singolo vive il reciproco antagonismo fino al tradimento, ove tutto si “rompe”, ove la crisi della famiglia e della coppia appare come un vorticoso mulinello di pale che tutto taglia, trancia e disperde (si vedano “Disgregazione” 1976 e “Vortice” 1978).
La stessa “Maternità” 1976 nulla ha più della gioiosa dolcezza del dono della vita e la madre sembra dover ineluttabilmente offrire al figlio solo l’ingranaggio inarrestabile di una civiltà che tutto stritola. Anche il pennellato e il colore assecondano e sottolineano questo stato d’animo e ce lo comunicano assieme ad un brivido d’angoscia.

Ma Anna Maria Bracci – donna e madre, che nasconde dietro una sua apparente fragilità una forza d’animo di tutto rispetto e una sostanziale fede nei valori sicuramente superiori – ha saputo oltrpassare con le sue forze l’infido guado e approdare a più solide rive.
Negli anni a cavallo tra il 1978 e il 1980 è presa e animata da un serio ripensamento, segnato da una ricerca di equilibrio che la porta verso un filone d’opere più pacate, alimentate da una riacquistata serenità di rapporti, da una graduale anche se faticosa rappacificazione con la vita, con gli uomini e le cose e ci offre i presupposti per una ricomposizione in unità del mondo fin prima lacerato.
Rinasce, nella tematica – e sicuramente in lei stessa – il dialogo; il disegno si fa più composto, ampio e dolce; i colori si rasserenano e anche la composizione, come sempre ben congegnata e calibrata, diventa più pulita, ariosa, cadenzata.
I corpi e le carni si fanno più torniti, e presagiscono un languido fiducioso abbandono. Una sottolineatura di carattere psicologico ci viene offerta dal tema stesso preferito dall’artista; le creature umane nella loro nudità corporea, senza gli infingimenti delle vesti e quindi dei comportamenti di convenienza. Su di esse s’affissa l’attenzione della Bracci nel desiderio confessato di entrare in un rapporto di totale schiettezza e verità, a rischio anche delle cocenti delusioni subite, causa del rapporto “amore-odio” che l’ha legata ai suoi consimili.
Nella “Famiglia”, coppia con bimbo, l’armonia familiare diventa segno di un’armonia cosmica sottolineata anche dal disegno puro nel tratto e nelle campiture, senza stridore di linee, e dal caldo cromatismo. Ma ci dona anche una deliziosa e vivace tela: “Madre con bimbi”, nella quale il “verde” – colore se non della speranza, certo di uno stato d’animo più sereno – compare per la prima volta in quantità e tonalità qualificanti, in forte ma sapiente contrasto con la rossa veste della madre.


Ernesto Brivio
Conservatore Museo del Duomo di Milano

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Dal settimanale “Il Resegone” di Lecco, Giugno 1987

La Bracci presenta dipinti e bassorilievi e si esprime con un segno netto e vigoroso, quasi volesse incidere e non circoscrivere i soggetti presenti nelle sue opere. Tema preferito: l’umanità con tutto il suo carico di incertezze e di tormenti.
Le figure disegnate con moderna concezione lasciano intravedere reminiscenze classiche. Il colore steso con larghe e copiose pennellate crea le masse volumetriche distribuendo con appropriata scansione i pieni ed i vuoti.
Alla inaugurazione che si terrà sabato 6 giugno ore 21, prenderanno parte nomi di spicco della cultura, infatti la mostra sarà presentata dall’architetto Ernesto Brivio, conservatore del Museo del Duomo di Milano e dal critico d’arte professore Mario Monteverdi, sarà presente anche il pittore Giuliano Pulcini.


 
 

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Anna Maria Bracci ha una visione della realtà che si tramuta in poesia per l’acuta percezione ch’ella possiede di due fattori essenziali alla pittura: i valori plastici e il colore.
Potrebbe sembrare, questa, un’osservazione addirittura ovvia. Forse qualche decennio fa lo era; oggi non più. Oggi da parte di qualcuno, si crede sia possibile fare dell’arte figurativa prescindendo da tutti i fattori che della vecchia raffigurazione sono l’essenza. In questo senso Anna Maria Bracci va controcorrente: studia la figura, rispetta l’anatomia, costruisce la composizione. E, per sopramercato, intona i colori così ch’essi posseggano una particolare efficacia espressiva, sia si accordino tonalmente, sia esplodano nei contrasti.
Una pittura, dunque, che rispetta la tradizione; il che non significa affatto ch’essa sia passivamente ancorata a canoni accademici. Tutt’altro: il segno della nostra artista è perentorio e riassuntivo, di ispirazione espressionista, si direbbe. E il colore possiede una sua eloquenza comunicativa eppure conserva una sobrietà che è tutt’uno con le severe scansioni di una composizione sempre serrata e conclusa.
Decisamente moderna, Anna Maria Bracci mantiene intatto il rispetto per quell’arte che nasceva da un austero culto del mestiere. Vi aggiunge una sua carica umana che è aderentissima alle esigenze del nostro tempo e che le permette di esprimere proprio quello che più da vicino interessa i problemi di oggi dell’esistenza. Donde un contenuto poetico che si identifica col suo linguaggio, col suo stile, col suo modo di essere nella storia.
Nella storia e non nella cronoca, perchè le immagini del suo mondo poetico e figurativo non si esauriscono mai nell’aneddoto ma si proiettano in quella dimensione che ci peremtte di riconoscerci anche al di là delle vicende quotidiane.

Milano, 26 giugno 1987


Mario Monteverdi
Critico d’Arte

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